La strage di Stato

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La strage di Stato

Sapete tutti che non sono vere le cifre fornite dalla TV sui “1500 morti nei primi 5 mesi del 2003”:  in Italia la strada “produce”  ogni anno più di 8.000 morti   – sono questi i dati ospedalieri dell’Istituto superiore di Sanità –,  quasi uno ogni ora, 8 volte più dei caduti sul lavoro, quasi il doppio che alle torri gemelle;  che ogni anno sulle nostre strade muoiono 2000 ragazzi dai 12 ai 24 anni, più di 2200 donne, 100 bambini;  che alla domanda dell’Unione europea di diminuire del 4% all’anno il numero dei morti il nostro Paese ha risposto nel passaggio dal 1999 al 2000 con un aumento, invece, del 4,7%.

 Sapete pure che vi sono ancora, sempre ogni anno, 300mila feriti, dei quali 20mila con invalidità permanenti gravi, superiori cioè al 33% e fino  al 100%.  

 A questi numeri spaventosi  vanno aggiunte le migliaia di familiari dei morti e degli invalidi gravi, per un totale che quanto a dolore e perdita della qualità della vita fa della  incidentalità  stradale una vera e propria guerra, infinitamente più pesante, in termini assoluti e in particolare per l’Italia, di quelle condotte in Kossovo o in Afganistan o in Iraq.
Non c’è da meravigliarsi dunque che qualcuno reagisca, si organizzi per dire basta, si costituisca in una struttura che vuole arrivare, come indica il nostro slogan, a “fermare la strage stradale e dare giustizia ai superstiti”,

muovendosi contemporaneamente per la prevenzione e per la giustizia, con le sue settanta sedi provinciali e a livello istituzionale, chiedendo attenzione e offrendo collaborazione ma pure proponendo espresse denunce alle Procure, contro il Ministero dell’istruzione  che non adempie all’obbligo di legge di impartire l’educazione stradale in tutte le scuole, contro quello dell’Interno che lascia l’organico della Stradale ai livelli degli anni 70, contro i vertici della Rai che della strage non parlano e non informano come sempre per legge dovrebbero.
Perché di una cosa siamo fermamente convinti,   

che i primi responsabili della strage sono non la Fiat e le altre industrie dell’indotto, del cemento, dell’alcool e delle discoteche, che come quelle delle mine fanno i loro affari, e secondo la nostra Costituzione hanno diritto di farlo, senza curarsi  dei morti che provocano,
ma le istituzioni, cioé i parlamentari e i governanti, di ogni colore, sia chiaro, che chiamati dal popolo a fare l’interesse generale vengono meno al loro primo dovere, quello di salvare la vita dei cittadini che li hanno eletti opponendosi allo strapotere degli interessi “forti” che mirano, e giustamente, ripeto, solo al profitto.
 Si tratta, cioè, di una strage di Stato.

Fa certo comodo dire che no, la colpa è dei giovani imbenzinati, degli conducenti di TIR che non rispettano i riposi di legge, della nostra natura latina e chi più me ha più ne metta.
Ma proviamo a considerare che quel “responsabile”

non ha avuto, nella scuola dell’obbligo, l’educazione pure prevista dalla legge;

è stato autorizzato e anzi incitato a condurre veicoli a motore sulle strade urbane ed extraurbane senza alcun tipo di istruzione stradale, e ciò nel periodo dai 14 ai 18 anni nel quale si interiorizzano, o meglio si dovrebbero interiorizzare, le regole del vivere in società (sapete che la legge delega n. 85 del marzo 2001 che prevedeva tra l’altro patentino per i ciclomotori e patente a punti non è ancora attuata e, malgrado gli strombazzamenti  del Governo e della stampa non lo sarà in questa legislatura, intendo in concreto e sulla strada, cioè dalle pattuglie e coi controlli e con le punizioni necessarie);
è sottoposto giornalmente a bombardamenti pubblicitari sulla potenza e l’aggressività di motori e  personaggi, mentre la televisione evita accuratamente di indicare i veri termini e soprattutto i motivi della strage;
 può acquistare veicoli prodotti nel nostro Paese in grado di viaggiare e che spesso viaggiano, coi risultati che tutti vediamo, al doppio della velocità massima consentita;
nella gran parte dei casi non è mai stato fermato per eccesso di velocità o altre contravvenzioni al Codice della strada,
né, in particolare, per abuso di alcool o altre droghe (al guidatore Italiano un controllo del genere può capitare ogni 2.000 anni, contro i 20 anni del guidatore svedese)
sa dunque che la probabilità di una multa o di un sequestro, con un po’ di attenzione nei luoghi canonici degli appostamenti, è pressoché nulla;
sa che tutti i tentativi di cambiare gli orari delle discoteche sono falliti per la decisa opposizione dei gestori di fronte alle timide proposte dei governi nazionali o locali;
soprattutto sa che se ferisce o uccide non sarà perseguitato dalla giustizia, perché non c’è giustizia in Italia per le vittime degli incidenti cosiddetti “colposi”,
sa cioè che l’unica pena economica sarà, anche se avrà da ubriaco ucciso bambini (ed accade), l’aumento del malus assicurativo, lo stesso che affronterebbe ammaccando un paraurti    

e che non ci sarà sanzione penale perché  uno-due bambini non valgono più di 8-10 mesi di reclusione (contro i 4-6 mesi per l’uccisione di adolescenti o adulti), ovviamente da non scontare perché con la condizionale, nella sede di quel patteggiamento che il GIP gli darà per evitare allo Stato la spesa e la fatica di un processo.
Perché dunque il cittadino di uno Stato che non dà istruzione, né controlli né giustizia, non dovrebbe uccidere o uccidersi?  

Perché, se il suo ministro dei trasporti afferma contro la verità scientifica e statistica che la velocità non provoca incidenti perché rende più attenti, mentre alza i limiti di legge da 130 a 150 km/h,  

se il Presidente della sua Repubblica ricorda con nostalgia i tempi nei quali sfrecciava in moto,
se della strage i mezzi di comunicazione parlano col tono rassegnato di chi la considera connaturata alla nostra civiltà?

No, non è connaturata.    

Amore e rispetto per la salute e la vita sono la nostra civiltà, non le catene di montaggio  e i bilanci delle società per azioni, non ottomila morti e trecentomila feriti ogni anno.
La nostra Associazione, noi cioè che avendo perduto sulla strada i nostri figli e i nostri cari possiamo e dobbiamo testimoniare di quanto la strage sia grave, non c’eravamo 5 anni fa:  di fronte  agli interessi  di pochi e alla indifferenza o meglio alla complicità dello Stato non  c’era nessuno a rappresentare le Vittime.
Oggi alziamo e alzeremo sempre più forte  la nostra voce, la richiesta di sicurezza e giustizia : grazie a Loro che morendo ci hanno dato questo ultimo dono, la volontà di lottare per gli altri – e grazie a chi, come Voi, ci  comprende e si impegna nella stessa direzione.


Data di creazione: 24/04/2017 16:49
Categoria: Indice - Storico
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